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Pensare ai colori come li conosciamo oggi, nell’arte, nella moda applicati ai tessuti, nel design sugli oggetti che ci circondano, oppure in pubblicità, nei film o sulle automobili, fino ai monitor dei nostri devices, ci rende difficile comprendere che un tempo molto lontano alcuni colori non esistevano e, se esistevano, non venivano o potevano essere usati per vari motivi: ideologici, morali, di classe, una vera e propria “cromofobia” come scrive Michel Pastoreau, l’autore del libro “Blu. Storia di un colore”.

Questo libro è un viaggio meraviglioso attraverso la storia del colore, dalla preistoria ai giorni nostri, e racconta le mille avversità che hanno portato il Blu a diventare uno dei colori più apprezzati anche ai giorni nostri. Anche se già conosciuto prima di Cristo, si è potuto esprimere tardi per innumerevoli motivi, a volte tecnici e commerciali, in alcuni casi sociali, in altri religiosi e infine anche politici. In Europa per molti secoli, la chiesa prima e le confessioni protestanti poi, hanno emesso proclami, dictact, ed esclusioni sull’utilizzo di alcuni colori  nella liturgia e nel vestiario sacro. Il Blu, fino almeno al XII secolo, resta spesso un colore secondario o periferico. Sul piano simbolico conta meno dei tre colori di base delle culture antiche: il rosso, il bianco e il nero.

In antichità i colori non si miscelavano perché essendo di origine minerale, vegetale, o animale, il più delle volte non legavano tra loro,  e non creavano quindi i colori che siamo abituati oggi a vedere, ad esempio mescolando giallo e blu per ottenere il verde. In molti casi non erano stabili, si ossidavano, stingevano, cambiavano sotto l’azione del sole e dei lavaggi. Nel libro si parla molto di abiti, non solo civili, quelli destinati al popolo e quelli ai nobili, ma anche quelli ecclesiastici e militari. C’è un’ampia parte dedicata alla tecnica tintoria e al mercato delle sostanze a questa collegata, che coinvolge il commercio, il denaro e la politica. Il colorante blu fa esplodere una vera e propria guerra commerciale. Alla fine del XVII secolo e durante tutto il XVIII, Francia e una parte della Germania impediscono, con leggi e divieti, l’utilizzo dell’indaco prodotto nelle Americhe a favore del guado prodotto in Europa.

Indaco, collezione storica di coloranti dell’Università Tecnica di Dresda, Germania. Fonte: Wikimedia Commons.

Anche nell’arte il Blu non veniva quasi mai considerato, fino a quando lo straordinario sviluppo del culto mariano, fa vestire la Madonna con il mantello blu che la proclama regina dei cieli e lo estende a tutti i campi della creazione artistica. Verso il 1140 i pittori vetrai mettono a punto il celebre “blu di saint-Denis”, legato alla ricostruzione della omonima chiesa abbaziale. Nel corso dei secoli  il Blu diventa in Francia il colore della monarchia, dalla fine del Medio Evo quello dello Stato e del governo e, infine, in età moderna, quello della Nazione. Nel Romanticismo, con lo straordinario successo del romanzo di Goethe “I dolori del giovane Werther” pubblicato a Lipsia nel 1774 e la «werthermania» che ne seguì, fecero si che in tutta Europa si diffondesse la moda dell’abito blu «alla Werther». 

“I rapporti fra Goethe e il colore blu non si limitano ai Dolori del giovane Werther. Non solo il blu ricorre spesso nei suoi componimenti poetici giovanili – come in quelli di tutti i suoi contemporanei – ma soprattutto diventa il fulcro delle sue teorie sul colore… E’ al ritorno dal suo viaggio in Italia, nel 1788, che lo scrittore decise di applicarcisi seriamente e concepì il progetto di un trattato completo del colore; non un’opera da artista o da poeta, ma un vero trattato scientifico. A tale data era già «convinto, come per istinto, che la teoria di Newton fosse sbagliata». Per Goethe, infatti, il colore è un fenomeno vivo, umano, che non può ridursi a formule matematiche. E il primo che, contro i newtoniani, abbia reintrodotto la componente umana nei problemi del colore e abbia osato affermare che un colore che nessuno vede è un colore che non esiste”.

Il Blu conquista lentamente, nel corso del tempo, un ruolo centrale nella moda; come non citare i blue jeans, che sono probabilmente il miglior esempio del successo di questo colore. Anche la letteratura, le arti, la linguistica ne sono influenzati (l’espressione to be blue indica uno stato d’animo incline alla malinconia) o la musica (la storia del jazz raggiunge il suo culmine con Miles Davis e il suo Kind of blue), dando al colore blu un ruolo simbolico e comunicativo di grande importanza. Oggi è spesso associato alla tecnologia, alla razionalità e alla modernità, ma può anche essere visto come un colore rilassante e rinfrescante, o come un simbolo di forza e determinazione, ma come la storia ci insegna il Blu sarà sempre in evoluzione.

A questo libro uscito nel 2000, che ebbe un notevole successo, Michel Pastoureau ne fece seguire altri raccontando anche il Rosso, il Verde, il Giallo, il Nero, il Bianco. I colori non sono solo manuali, tecnica o teoria, ma ci raccontano anche la storia della nostra società che continua a ri-definirsi costantemente nell’arco dei secoli, plasmata da innumerevoli fattori culturali. 

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